venerdì 27 settembre 2013

Le parole del secolo? Socialità e lavoro

Il sociologo Vincenzo Moretti, che presto avremo il piacere di incontrare da Plautilla quale autore del libro Testa, mani e cuore, pubblica spesso articoli assai interessanti anche su "Rassegna sindacale", il settimanale della CGIL. L'ultimo, Lavoro e socialità, comparso sul n. 34 del 2 ottobre 2013,  merita - a mio giudizio - una lettura e una riflessione. (Lorenzo Carlo)

Vincenzo Moretti
Non ho mai avuto la memoria di Ireneo Funes, di Simonide o di Metrodoro, eppure quella volta lì me la ricordo. Era il 1999, o forse il 2000, cosa importa, e Hans George Gadamer, nel corso di una memorabile conferenza all'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, disse che se avesse dovuto scegliere due parole per raccontare il novecento, sì, avete letto bene, due sole parole per rappresentare un intero secolo, il secolo di due guerre mondiali, di Hitler e di Stalin, della caduta del muro di Berlino e di internet, avrebbe scelto “pazienza” e “lavoro”.
Rimasi affascinato dalla verità e dalla forza di quelle due parole, non a caso da allora ci sono tornato e ritornato su ogni volta che ho potuto.
Le carte mi si sono sparigliate qualche giorno fa, mentre raccontavo questa stessa storia a Michele, mio giovane amico e blogger per genio e per caso. Socialità e lavoro, gli ho detto a un certo punto, correggendomi subito dopo, ma ormai la frittata era fatta.
Sì, perché poi a Michele socialità e lavoro è piaciuto, e mi ha detto che se la politica si occupasse di lavoro e socialità le ragazze e i ragazzi della sua età non ne starebbero così lontani, che in questo nostro mondo dominato dalla crisi dei soggetti erogatori di valori stabili - partiti, famiglia, stato, ma sì, anche la Chiesa, che solo da quando è arrivato  Francesco I si sta riprendendo un po' -, a fare la differenza sono proprio quelle due cose lì: un lavoro che ti faccia avere dignità sociale e rispetto di te, il lavoro che fa rima con diritti, qualità, innovazione, e la capacità - possibilità di costruire legami, di intessere relazioni, di far parte di reti sociali e civiche, di costruire rapporti destinati a durare nel tempo.
Non so a voi, ma a me le cose che ha detto Michele mi hanno riportato alla mente un bellissimo libro di Salvatore Veca, (Dell'Incertezza, Feltrinelli, 1997) e così sono andato a riprenderlo dallo scaffale e mi sono messo a sfogliarne le pagine fino a quando ho ritrovato questa frase sottolineata con la matita e anche l'evidenziatore: “Chiedersi quale sia il significato di qualcosa equivale a chiedersi come questa cosa sia connessa con altre cose”.
Giuro che non lo so se lavoro e socialità saranno le parole di questo secolo, magari bisognerà che chi può aspetti che finisca per saperlo, penso però che la politica che vuole dire, e fare, qualcosa di sinistra, non possa fare a meno di quelle due parole lì. 
Lavoro. E socialità. Per cambiare l'Italia. E l'Europa. Io penso che Michele ha ragione. E voi?

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Se ora qualcuno volesse leggere altre cose di Vincenzo Moretti, oltre al suo libro sopra citato naturalmente, troverà su Google numerose possibilità fra le quali suggerisco di non mancare http://leviedellavoro.wordpress.com e lì non mancate il documentario La tela e il ciliegio. Buon divertimento e... propizie riflessioni!  (l.c.)

  

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