lunedì 7 aprile 2014

"Dio me ne guardi, Cristo e la Madonna ...". De reditu. Il viaggio. Seconda parte


G. Luca Chiovelli

Qui la prima parte

Il fascino della campagna romana.

Dove risiede se non nella magia contagiosa? Un oggetto qualunque che l'antichità ha levigato ... Mani innumerevoli l'hanno lisciato e usato, occhi innumerevoli desiderato ... Un coccio, un mestolo, un monile, si caricano delle vite di chi s'intrattenne con loro ... Cosi questa terra ... Calpestata da millenni ... Latini, Etruschi, Romani, Saraceni, Francesi, Inglesi ... I viaggiatori del Grand Tour ne subirono il fascino insondabile ... Qui è l'uomo e la storia e la grandezza ... Si respira ... Le ossa dell'antichità, i mozziconi d'una grandezza svanita ... In un'arcata frantumata, in un cippo, in un tumulo anonimo riposa la tragedia universale di Ozymandias ... Una distesa brulla, piatta, inesorabile, e finalmente l'apparizione meridiana, inconsulta, terribile e meravigliosa, una rovina antica, gonfia di voci e gesti svaniti, l'ocra millenario su cui risalta il verde intenso delle erbe di campagna - ortiche, denti di leone e verdissimi cespi che rampollano da un'arcata spezzata, che sommergono un cippo, che colorano un dosso, forse un tumulo occulto ...

Gioachino Belli, Er deserto:


Dio me ne guardi, Cristo e la Madonna
d’annà ppiú ppe ggiuncata a sto precojjo.
Prima... che pposso dí?... pprima me vojjo
Fà ccastrà dda un norcino a la ritonna.

Fà ddiesci mijja e nun vedé una fronna!
Imbatte ammalappena in quarche scojjo!
Dapertutto un zilenzio com’un ojjo,
che ssi strilli nun c’è cchi tt’arisponna!

Dove te vorti una campaggna rasa
Come sce sii passata la pianozza,
senza manco l’impronta d’una casa!

L’unica cosa sola c’ho ttrovato
in tutt’er viaggio, è stata una bbarrozza
cor barrozzaro ggiú mmorto ammazzato.

Percy B. Shelley, Ozymandias (trad. Giovanni Anchiseo)


Incontrai un viandante di una terra antica,
Egli così parlò: “Due enormi gambe di pietra, mozze,
Stanno imponenti nel deserto … non lungi,
Nella sabbia, mezzo viso sprofondato e rotto, e la fronte,
E le rugose labbra, e la smorfia di gelido comando,
Alla mano che le plasmava e al sentimento che le nutriva:
E sul piedistallo, queste parole v'erano:
'Ozymandias, re di tutti i re, il mio nome.
Ammirate, Voi Potenti, la mia opera, e disperate!'
Null'altro rimane. Intorno alle rovine
Di quel rudere colossale, sterminate
Si stendono le infinite sabbie, piatte e desolate.

Rainer M. Rilke, Campagna romana



Dalla colma città, che dormirebbe
lieta sognando le sue Terme eccelse,
dritta si stacca, e irrompe nella Febbre,
questa via delle tombe. E le finestre
degli ultimi poderi, ora, la incalzano
con un malvagio sguardo. Essa lo avverte
lancinarle la nuca; e più s'affretta
a proceder struggendo, in fin che sbocca
anelante all'aperto; e leva supplice
verso i cieli il suo vuoto; e ansiosa spia,
se sguardo di finestra non la fieda.
Poi, mentre accenna d'avanzar securi
ai lontani acquedotti, - ecco che i cieli
scambian con essa un più tenace vuoto.
Fondo Casa Calda su via Walter Tobagi.

Giuseppe Tomassetti: "Sulla sinistra della via è il fondo casa calda che insieme con casa de mistici e casetta forma oggi un tenimento di ett. 209,96 spettante a Carlo Giovannini. Fu già un quarto di Torrenova, e il suo nome può ricordarci il console C. Celio Caldo del 660, un discendente del quale è noto nella moneta consolare, e fu questore di Cicerone nella Cilicia ... A Casa Calda fu scoperta nel 1856 l'iscrizione sepolcrale di Nicomede tutore di Lucio Vero, oggi a Villa Borghese in Frascati. Vi sono ancora pochi resti di una forte torre in selci, mattoni e marmi del più antico Medio Evo, sopra una collina, e un muro in tufetti del secolo XIII con piloni di sostegno e con un arco di rozza fattura, più in basso: all'intorno sono sparsi blocchi di marmo e frammenti".
Il Fondo Casa Calda visto dal lato sinistro.

Goethe, Chateubriand, Poussin, Vanvitelli presentirono tutto questo ... Il passato che invade il presente, straziandolo della nostalgia indefinibile - ecco la metafora perfetta della condizione umana.

Wolfgang Goethe valica le Alpi, arriva in Italia, a Roma: l'aria tiepida gli gonfia il petto e ne libera la verità dell'anima in un urlo di gioia:
"Credo di nuovo in Dio ... A Roma s'intreccia la storia del mondo e a me sembra di esser nato una seconda volta dal giorno che vi sono arrivato".
Un podere abbandonato su Via dei Gordiani.

René de Chauteaubriand, in una lettera del 10 gennaio 1804:

"Un silenzio e una solitudine vasti come il rumore e il tumulto degli uomini che un tempo calpestavano questo suolo. Qua e là si scorgono accenni di strade romane in luoghi ove non passa più alcuno e tracce disseccate di torrenti invernali simili, quando si vedano da lontano, a grandi strade battute e frequentate, mentre non sono che il letto deserto di un'onda tempestosa trascorsa come il popolo di Roma.
Rari sono gli alberi, dovunque s'alzano rovine di acquedotti e di tombe; rovine che sembrano le foreste e le piante indigene d'una terra composta dalla polvere dei morti e dai ruderi degli imperi ...

Spesso in un gran piano ho creduto vedere ricche messi; avvicinandomi ho scoperto erbe avvizzite. A volte, sotto queste sterili messi, si distinguono i ricordi di un'antica coltivazione. Ma niente uccelli o contadini, o lavori rustici, o muggiti di mandrie, o villaggi ... Si direbbe davvero che nessun popolo abbia osato succedere ai padroni del mondo nella loro terra nativa e che questi campi siano tali quali li ha lasciati il vomere di Cincinnato o l'ultimo aratro di Roma ... 

Niente è paragonabile per bellezza alle linee dell'orizzonte romano, al dolce declivio dei piani, ai contorni soavi e sfuggenti dei monti che lo compiono. Spesso le valli nella campagna prendon forma d'un'arena, d'un circo, d'un ippodromo; i poggi son tagliati a terrapieni, come se la mano possente dei Romani avesse sconvolto tutta questa terra. Un vapore particolare, sparso in lontananza, arrotondisce gli oggetti e dissimula ciò che potrebbe esservi di duro o di aguzzo nelle loro forme. Le ombre non sono mai pesanti o nere ne vi sono masse cosi oscure di rocce o di fogliame in cui non s'insinui un po' di luce. Una tinta armoniosissima unisce la terra, il cielo, le acque: tutte le superfici, per una sottilissima gradazione di colori, confondono le loro estremità in modo che non si può determinare il punto nel quale una sfumatura finisce e una comincia ..."
Un opificio in rovina su Via Labico.
Incredibile come una vecchia fabbrica, colle arcate schiantate e le travature divelte dalle intemperie, emani più fascino de La Nuvola di Fuksas e dell'orrore del nuovo ponte tubolare presso i Mercati Generali.
Anzi, fate un esperimento: guardate quelli e poi fate una passeggiata a Via Labico.
Non c'è nulla e c'è tutto.
Ecco Hans Christian Andersen in giro per la campagna di Roma, brutale e antica:

"Tutt'intorno l'erba bruciata dal sole e qualche cardo secco. Passammo dinanzi a una croce eretta per ricordare che in quel punto era stato commesso un assassinio. Là presso erano appesi alcuni pezzi del corpo dell'assassino; un braccio e un piede. Restai spaventato di questa visione, ma ben presto giungemmo alla nostra dimora. Quella era né più né meno che una di quelle tombe antiche diroccate, di cui ce n'é tante attorno a Roma. Quasi tutti i pastori della campagna abitano infatti in queste tombe ... Riempiono qualche buco, murano qualche spaccatura nel muro e li coprono con un tetto di paglia ... La mia nuova dimora era situata su di un'altura e possedeva due bravi piani; le colonne corinzie, che incorniciavano la porta, testimoniavano l'età della tomba. Un buco sul muro sopra la porta faceva da finestra. Altre colonne murate facevano pensare ad un adattamento posteriore: forse aveva servito di castello nel medioevo. Il tetto era coperto di canne e di caprifoglio che, con altri rampicanti in folte masse, pendeva giù tra i muri spaccati ..."
Residui dell'Acquedotto Alessandrino.
L'acqua, la luce e la terra ricordano chi li ha amati. Tutto congiura alla bellezza.
Nikolaj Gogol':

"Muta, deserta campagna romana, sparsa dai ruderi degli antichi templi e, nell'ineffabile pace diffusa intorno, ardente dell'oro di fiori gialli o accesa dalla bragia rovente dei papaveri selvatici ...
Dapprima i campi apparivano ancora verdi, e si distinguevano ancora qua e là i sepolcri e gli archi sparsi; i quali tosto, però, erano sommersi in un luminoso giallo dai riflessi iridati che appena rivelava quegli antichi monumenti e diveniva infine sempre più purpureo inghiottendo la stessa immane cupola e fondendosi in un unico spesso granato ... In nessun luogo mai avevo veduto i campi mutarsi in fiamma, al pari del cielo. A lungo in una ineffabile estasi, restavo davanti a questo spettacolo e vi rimanevo poi ancora cosi, semplicemente, senza più ammirare, dimentico di tutto, allorquando il sole scompariva, l'orizzonte si spegneva rapidamente e in un baleno si spegneva la campagna ottenebrata e, dovunque s'accampava la buia sera, e sulle rovine pari a spruzzi di fuoco si levavano le lucciole"
L'Acquedotto Alessandrino.
Ferdinand Gregorovius:
"Ho percorso tutta l'Italia; ho errato nelle pianure famose d'Agrigento e di Siracusa, ma mai ho provato una emozione così profonda come nella campagna romana: tutto vi è silenzioso, grandioso, d'una bellezza austera"Ivan Turgenev

"Non è possibile riprodurre [lo spettacolo del panorama]: sono impressioni musicali che meglio di tutto potrebbero essere rese dalla musica ..."
Villa dei Gordiani presso la Prenestina: l'Aula Ottagonale.

Giuseppe Tomassetti: "Questa fu la villa dei Gordiani ... Decorata di tre basiliche centenarie, di un portico di duecento colonne e delle terme più sontuose del mondo. V'era anche un eroo o tempio rotondo, uno stadio ornato di portici, tutto un complesso di cose meravigliose di cui non restano che i ruderi tuttora imponenti. Questi consistono, sulla destra, in quattro piscine, una delle quali più antica del tempo dei Gordiani, dimostra che già un secolo prima era villa imperiale; e sulla sinistra in un'altra piscina, in una magnifica aula di laterizio, ottagona nella parte inferiore e rotonda nella superiore, con la partenza della cupola, con nicchie rette e curve alternate, in una delle quali sono elegantissime decorazioni di stucco (vi si ravvisano un centauro e un ippogrifo), e con fenestre rotonde: su questo edificio sorgeva la torre medievale che dava il nome al sito, e della quale si scorgono in alto gli avanzi di tufetti e frammenti di marmo, con i fori delle travi, e un pilone di sostegno pure in tufo nel centro dell'edifizio ..."
Villa dei Gordiani: Mausoleo.

Ancora Tomassetti: "Prossime sono altre costruzioni, tra cui un abside di aula basilicale, e sparsi nel terreno circostante sono grandi frammenti di marmi architettonici e di colonne. Ammirabile poi è l'edifizio rotondo o mausoleo, con portico e sotterraneo, nel quale veggonsi nicchie alternate curve e rette e un pilone rotondo che è la chiave dell'edifizio. Due delle quattro fenestre circolari che illuminavano l'aula rimangono ancora e sotto di esse ricorrono pitture del Medio Evo, quando fu ridotto a chiesa cristiana; ma esse sono ormai svanite. Hanno il pregio di essere le più antiche pitture medioevali e di stile classico, degne quindi di particolare studio."
Un cielo ceruleo, implacabile, protegge il visitatore dalle ingiurie dell'oggi e lo reca in compagnia di chi abitò il passato dell'Italia e di chi, fratello, italiano o straniero, ne cantò le lodi giuste e immortali.
Ed Ecco Edmond e Jules Goncourt:


"Un cielo azzurro leggero, dolce, lattiginoso, che una pittura a guazzo da a un cielo d'acquerello; un cielo infinitamente azzurro, senza una nube, senza una macchia, senza un'ombra; un cielo trasparente, profondo etereo; un cielo che ha la chiarezza cristallina dei cieli che si riflettono nell'acqua, la limpidezza dell'infinito fluttuante su un mare meridionale"



Addio Roma, Patria mia, città dell'anima!

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