sabato 10 gennaio 2015

La poesia della domenica - Burchiello, Suon di campane in gelatina arrosto

Senza alcuna formazione scolastica (nacque come Domenico di Giovanni da una modesta famiglia fiorentina), il Burchiello (1404-1449) esercitò per tutta la vita il mestiere di barbiere. Presso la sua bottega si riunì un vario cenacolo intellettuale (di cui era parte Leon Battista Alberti), dove venivano improvvisati versi alla burchia, di tono beffardo e polemico, a volte rimpallati in veste di contesa (come avvenne, ad esempio, per la tenzone fra Dante Alighieri e Forese Donati, già esaminata).
La peculiarità dei sonetti burchielleschi consiste in uno sfrenato accumulo di nonsense e di brucianti incongruità, dove strumenti di lavoro, animali, vegetali, sinestesie folli, antropomorfizzazioni, inversioni di senso, creano delle sovrabbondanti e dissennate nature morte che minano qualsiasi luogo comune della lirica di ascendenza petrarchesca - tradizione la cui levigata e dolente sospirosità viene, infatti, ampiamente sbeffeggiata nel sonetto 100: 

Sospiri azzurri di speranze bianche
Mi vengon nella mente, e tornan fuori,
Seggonsi a piè dell'uscio con dolori,
Perché dentro non son deschetti, o panche

Nella composizione sottostante il Burchiello riesce a comprimere in poche righe un mondo sospeso fra le creazioni pletoriche dell'Arcimboldo e la sfrenatezza immaginosa di Rabelais (ed entrambe le supera): sensazioni auditive raggelate in gelatine arrosto, uccelli parlantini (il fattappio), capre ovipare, elmi (le cervelliere) che intendono matematica: un'accozzaglia teppistica e irresistibile, stretta, però, nei lacci d'una metrica impeccabile.

Suon di campane in gelatina arrosto,
E ’l diametro, e ’l centro della fava,
Ed una Madia cieca, che covava
Uova di Capra, ch’eran pien di mosto.

Domandando di ciò, mi fu risposto
Da un Fattappio bigio, che volava,
Che se l’imbascerìa non se ne andava,
Che ben se n’avvedrebbon tosto, tosto.

Comunche gli ebbon tal proposta intesa
Ratti n’andaron tutti alle Gualchiere
Per guarire intrafatto della scesa.

Allora ebbon gran doglia le saliere,
E mandarono un propio in Valdipesa,
Che fusse lor mandato un per quartiere.

Di poi le Cervelliere
Hanno studiato sempre in Aritmetica,
Veggendo, che la Cupola farnetica. 

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