lunedì 9 febbraio 2015

Mvl Cinema: American sniper

American sniper (Stati Uniti 2014)
Regia: Clint Eastwood
Interpreti: Bradley Cooper, Sienna Miller, Luke Grimes, Jake McDorman, Kyle Gallner

 
Patrizia Vincenzoni
L'ultimo lavoro presente nelle sale cinematografiche del regista di Clint Eastwood prende spunto dall'autobiografia di Chris Kyle, l miglior cecchino di tutti i tempi della storia dell'esercito americano, soprannominato la 'leggenda': le cronache ufficiali certificano centosessanta vittime centrate dal suo ineguagliabile, micidiale, coordinamento fra occhio-respiro-grilletto.
American sniper non è un film di guerra, ma sulla guerra: le quattro campagne in Iraq ale quali Kyle ha partecipato e le azioni di guerriglia nelle quali è utilizzato come cecchino per coprire l'avanzata dei commilitoni, casa per casa, ci fanno vedere, attraverso il mirino della sua arma, quello che ogni sparo e ogni traiettoria di pallottola determina. Il realismo della finzione allestisce verosimilmente teatri di battaglia e di morte, traduzione accreditata di ciò che vuol dire fare la guerra, mostrando attraverso alcune sue procedure quelli che eufemisticamente definiamo gli effetti anche collaterali su persone e soldati. Il film non sembra riproporre appartenenze fideistiche politico­culturali che facilmente potrebbero essere attribuite al regista, in quanto repubblicano come appartenenza politica. Eastwood costruisce un racconto che trova nell'estetica disadorna che gli è propria un complemento essenziale per indicare, mostrando la parabola di vita di un uomo, di una famiglia, di un modo di essere.
Il tema e il contesto proposti sono tristemente attuali e attraversano l'età contemporanea in modo globale, e il film può contribuire a scuotere quel crescente stato di anestesia cognitiva ed emotiva che immobilizza l'esercizio critico in un'apatia opacizzante che rischia di sopraffarci.
Incontriamo Kyle bambino sottoposto all'addestramento paterno ,brutale, riguardo a cosa significa essere uomo nella comunità. Tale modello educativo riduce la complessità del rapporto uomo-società-­cultura ad una pedagogia assolutista che trova nell'aggressione 'difensiva' la leva per ripristinare il 'bene'. Il percorso iniziatico del bambino per diventare uomo è segnato dal possesso di questo modello autoritario che cerca in una edizione della Bibbia, sottratta durante la celebrazione della messa, una sorta di oggetto transizionale le cui pagine però restano intonse, mai sfogliate, un sapere chiuso, inesplorato.
La vita di Kyle e l'ideologia semplicistica e manichea cui aderisce, trova negli eccidi dell'ambasciata americana in Kenya e nell'attacco alle Torri Gemelle del 2001 uno spunto e una ragion d'essere per realizzarsi. Entrato nei Navy Seals, il corpo d'elite della Marina, partecipa a quattro missioni in Iraq e, attraverso il suo occhio attaccato al mirino (mentre protegge i commilitoni impegnati in operazioni di guerriglia) possiamo osservare anche noi lo svolgersi degli eventi e i luoghi nei quali accadono. Sono luoghi e case le cui mura ferite rivelano a malapena la vita che le abitava. Queste vestigia di battaglie segnano, ridefinendoli, spazi di abitabilità e di percorrenza nei quali la vita nel suo svolgersi anche quotidiano è costantemente derubata nel suo diritto a viversi, a realizzarsi. La presenza dei bambini, come quello ucciso da Kyle mentre tenta in strada di lanciare una bomba a mano passatagli dalla madre, così come le altre azioni e scontri di fuoco, stabiliscono ulteriormente in quali teatri dell'orrore il film ci vuole portare, cominciando dalla violenza che percorre l'infanzia alla quale Kyle è stato educato, come l'immagine iniziale del film propone. Crediamo che Eastwood voglia convergere proprio lì, nell'orrore inaccettabile verso la guerra, e questo al di là delle appartenenze politiche e di ogni facile patriottismo del quale erroneamente si può tacciare il film. Lo sguardo del cecchino, chiuso nel mirino e nella tragica decisione di uccidere - sempre tragica, anche quando riconosce nell'altro un probabile nemico - si alterna a scorci di vita vissuta, dall'infanzia a quel momento; questa scansione temporale e narrativa permette di integrare il tempo presente con lo scorrere della sua storia, personale e familiare.
Non è possibile tracciare una soglia senza disegnare anche l'altro lato: l'esperienza ripetuta secondo le 'liturgie' ossessive delle battaglie lasciano comunque segni, rumori, trasecolamenti, angoscia, paura anche nel territorio 'al di qua' del mirino, 'pallottole di ritorno' che bucano in Kyle quel senso eroico di appartenenza identitaria alla famiglia, al gruppo, alla nazione, impedendogli di vivere pienamente e consapevolmente anche il legame con la moglie e con i propri figli.
L'uomo, il marito, il padre cedono progressivamente il proprio posto al personaggio leggendario che è diventato e anche quando non imbraccia l'arma le sue attitudini percettive e le risposte seguono uno schema abituale, automatizzato, sintonizzate ossessivamente sul campo d'azione di guerra.
Questa sovrapposizione mentale impedisce anche una comunicazione affettiva reale, così come sembrano sottolineare in tal senso le interruzioni alle telefonate della moglie dovute a momenti altamente ed improvvisamente critici. Dopo aver sentito di essere giunto al punto di rottura, Kyle torna a rivestire gli abiti civili e dare (darsi assistenza) ai reduci veterani che in senso fisico e psichico presentano le ferite profonde e difficilmente rimarginabili lasciate dalla guerra, come possiamo ulteriormente constatare.
Il film sopravanza temporalmente la stesura definitiva del libro che non può contenere la morte di Kyle per mano di un reduce affetto da sindrome post-­traumatica da stress, mentre si trovavano in un poligono di tiro.

3 commenti:

  1. Più che una critica mi sembra un riassuntino...

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  2. La sua critica,Aurora,mi è parsa eccessivamente sbrigativa e cio', a mio parere,non le ha permesso di cogliere l'idea dalla quale parto e che dichiaro all'inizio. Punto di vista che sviluppo attraverso una personale ed opinabile lettura del film.

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  3. Ho visto il film quasi un mese fa, e sto ancora qui a pensarci senza riuscire a superare l'imbarazzo che comunque mi ha lasciato, imbarazzo dovuto al contrasto tra l'indubbio valore del film da un punto di vista stilistico e anche contenutistico e lo sbilanciamento che si avverte nel racconto delle due parti in gioco, statunitensi e iracheni. Trovo, personalmente, che questa recensione sia riuscita a superare egregiamente questa mia impasse e a dare una chiave di lettura originale e ragionata del film.

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